Ciao! Come state? Mi dispiace per l’assenza della scorsa settimana, non era preventivata. Nel frattempo però è arrivato un nuovo martedì: l’ennesimo in cui speriamo di vedere la primavera e invece no? Ecco perché potrebbe essere utile avere delle Distrazioni a portata di mano. Cominciamo!
1. Amo Carrère e amo dove sa condurre con le sue parole, a volte lo odio per il suo egocentrismo (dichiarato, per carità), ma poi arrivo in fondo ad un altro suo libro e, con gli occhi lucidi a tradimento, gli perdono tutto. Questo per dire che ho letto Vite che non sono la mia e ho provato la stessa assurda sensazione di cui mi vergono sempre per la quale è impossibile non voltarmi a guardare un incidente mentre sono per strada. Per me i suoi libri sono così: cose tremende che leggo con voracità, parole così precise da provare piacere, nonostante tutto.
2. Apprezzo molto le newsletter di . Nel numero 27 l’autrice affronta un tema che mi sta a cuore e su cui cerco di fermarmi a pensare almeno una volta al giorno, e che lei ha giustamente definito: La società dell’immediatezza.
Nella società dell’immediatezza, l’io perde filtri e contorni, integrandosi nel flusso perpetuo di contenuti e prodotti come un’entità narrativa che si autoproduce costantemente attraverso la rappresentazione incessante e ossessiva della propria esperienza. Kornbluh chiama questo fenomeno “micrologia”: un attaccamento morboso all’esperienza individuale quotidiana, l’arroganza tutta contemporanea di volgere lo sguardo verso la dimensione personale piuttosto che collettiva, di creare relazioni e conversazioni partendo dalla generalizzazione di un aneddoto. In questo contesto, anche l’aspetto più insignificante della vita di tutti i giorni assume importanza, diventando materiale grezzo da manipolare in una narrazione.
Forse non era così strano allora il mio disagio di fronte alla miriade di contenuti postati a suon di romanticize your life (la tendenza a “rendere romantica” qualunque attività, dal portare a spasso il cane fino a pulire la doccia). Più che un inno alla bellezza delle piccole cose, la sensazione di un invito a vivere a favore di camera, rendendo potenziali prodotti (d’intrattenimento) anche gli ultimi baluardi d’intimità quotidiana. Se v’interessa il discorso, leggete per intero l’articolo di Priscilla: voci ben più autorevoli di me sostengono che ci sia speranza, che si possano prendere le distanze da un flusso che sembra travolgerci, che la consapevolezza aiuterà a proteggere la nostra, contesa, attenzione.
3. Rimaniamo sull’argomento. Ho finito di leggere Il silenzio, libro che avevo messo in wishlist - e che mi hanno gentilmente regalato al compleanno - dopo aver ascoltato il podcast in cui veniva intervistato il suo autore, Erling Kagge, che tra le altre cose ha completato la prima spedizione in solitaria al Polo Sud (ne avevo scritto qui). L’esploratore norvegese ha raccolto in questo libro 33 risposte possibili alle domande: che cos’è il silenzio, dove si trova, perché è così importante? Dato il suo background che annovera il trovarsi da solo in condizioni estreme per settimane, ho pensato fosse la persona giusta a cui dare ascolto sulla questione. Si spazia dal silenzio come “nuovo lusso” (molto interessante la correlazione tra silenzio e ricchezza, rumore e povertà) a parametro basilare per lo sviluppo di idee innovative (con riferimenti a Musk), si tratta di condivisione, dell’importanza della noia, del silenzio “che parla.” A proposito della FOMO (ovvero la paura di perdersi qualcosa):
Nella primavera del 1984 tornai a casa dopo aver fatto il giro del mondo con una barca a vela da dieci metri, passando per l’Africa occidentale e l’oceano Atlantico fino ai Caraibi. Il viaggio durò otto mesi. Allora non si usava ancora Internet (…). Appena tornato a casa, mi buttai su giornali e notiziari così come ero solito fare prima della partenza. Con mia grande sorpresa, mi resi conto che sui quotidiani e nei dibattiti si parlava perlopiù degli stessi temi dell’ordine del giorno l’autunno precedente, prima che prendessimo il largo. (…) Quando si è dedicato così tanto tempo a essere presenti e a seguire cosa succede, è facile giungere alla conclusione che tale attività abbia un valore, anche se quanto si è fatto non è forse così importante.
4. Ci sono due cose di cui non mi stanco mai: le storie raccontate da chi sa farlo e la musica. Ecco dunque non uno ma due lunghi podcast che ho ascoltato con grandioso trasporto: Elio a Tintoria e gli Elii al BSMT. Se nel primo Elio è solo e si allinea al tipico mood delle chiacchierate con Tinti e Rapone, da Gazzoli è in compagnia di Faso e Cesareo, per cui tutto risulta un po’ più entusiasta e frizzantino. Entrambe le interviste hanno una parte molto interessante dedicata al Concertozzo del 26 maggio, evento in cui la musica si unisce alla sensibilizzazione su autismo e disabilità.
5. A tal proposito: nel weekend ho assistito per la prima volta ad una partita di Baskin ed è stato davvero emozionante. Disabili e normodotati giocano insieme in una competizione in cui ognuno è messo nella condizione di poter dare il proprio massimo. Le regole sono strutturate in modo che la strategia e l’apporto di ogni componente della squadra siano essenziali alla vittoria. Mi si è aperto un mondo e mi ha spalancato il cuore.
6. C’è sempre qualcosa da imparare, un punto di vista che non avevamo ancora considerato, uno che avevamo sottovalutato, e per fortuna ci sono realtà come Colory che fanno il lavoro (che forse a volte può risultare un po’ didascalico, ma sicuramente c’è tanta strada da fare) di raccontarci cosa significhi essere una persona di seconda generazione e razzializzata in Italia.
7. Ero ancora a Londra quando la mia amica residente insisteva perché vedessi Baby Reindeer. È stato strano e abbastanza inquietante tornare a casa e rivivere le ambientazioni inglesi sotto la luce della storia di Martha e la sua piccola renna. Devo dire che alla terza puntata ho proposto una passeggiata per decomprimere. Tutto molto difficile da digerire ma allo stesso tempo raccontato in modo digeribilissimo. PS: Avete seguito le dichiarazioni di Fiona Harvey, la presunta vera stalker a cui si è ispirato l’autore per creare la protagonista della serie? Mi ha fatto venire i brividi sentirla parlare esattamente come l’attrice (o meglio, viceversa).
8. Ho iniziato a guardare The Gentlemen subito dopo aver visto le prime puntate della quarta stagione di Shameless, e in modo buffo mi è sembrato che le due serie si parlassero. Un po’ come se fossi uscita dalla porta sul retro del disagio per entrarci da un sontuoso e insospettabile ingresso principale. Non ho idea se questo possa avere un senso per chi sta leggendo, ma adoro quando noto punti di contatto tra cose di cui fino a un minuto prima non sapevo nulla e immaginavo distanti.
9. Su consiglio della mia amica Giulia ho guardato Are you there, God? It’s me, Margaret, che me l’ha venduto come un film “con la vibe di Little Miss Sunshine”. A DO RA BI LE. A 11 anni, la protagonista si trasferisce con i suoi genitori da New York al New Jersey e per lei ha inizio una nuova vita alla scoperta di amicizie, primi baci, interrogativi sulla religione e tutto quello che ha a che fare col diventare donna. Nostalgia anni ‘70, musica bella, tenerezza infinita e pure la commozione sul finale. “Non so perché sto piangendo”, mi sono trovata a dire insieme a Margaret e a sua madre strette in un abbraccio.
10. Infine, il mood della settimana è offerto da:
Per oggi è tutto. Io vi saluto, non dimenticatevi occhiali da sole e ombrello.
PS: Grazie davvero a chi mi ha scritto cose incoraggianti per Distrazioni nelle ultime settimane, se siamo alla puntata #79 è soprattutto per merito vostro.
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A presto,
Veronica