Ciao! Benvenuti e benvenute alla puntata numero SESSANTA di questa newsletter. Spero stiate bene e che sarà un ottimo martedì. Intanto, iniziamo con la carrellata:
1. Immemòriam di Giulia Depentor non ha solo un grande valore come lavoro di ricerca e documentazione, ma contiene anche un’incredibile energia: è impossibile non percepire la passione, la dedizione, l’infaticabile voglia di scoprire e raccontare dell’autrice. È come se Giulia fosse mossa dalla sicurezza assoluta che in ogni posto c’è qualcosa di speciale che merita di essere conosciuto. Ecco, io questo libro me lo terrò vicino come memento mori - con tutta l’ironia che deriva dal suo contenuto cimiteriale - per ricordarmi che entusiasmo e passione sono due àncore quanto mai vitali.
2. Ho avuto il piacere di partecipare all’inaugurazione della mostra Di-Segnare. Sognare. allo spazio espositivo Corals di Milano, dove Anna ha esposto alcune sue opere a stampa linoleografica insieme ad altri illustratori e illustratrici super interessanti (Hikimi, Eleonora Castagna, Federica Cassata). Quanto sono grata di avere amiche e amici così pieni di talento ed energia? La mostra è aperta fino al 25 novembre dalle 14 alle 19, andate e assorbite le good vibes.
3. Avevo in lista Ninjababy da parecchio, e quando la redazione di Mubi ha scritto una cosa del tipo: se La persona peggiore del mondo avesse una sorella minore sarebbe Ninjababy, ho finito per abbonarmi alla piattaforma solo per guardarmelo (c’è sempre un mese di prova gratuita). Stupendo, almeno quanto il film sopracitato - di cui avevo scritto in Distrazioni #57. Rakel è una ventenne che non sa ancora cosa fare della propria vita quando scopre con orrore di essere incinta di sei mesi e mezzo. Sente che il bambino dentro di lei è un ninja: si è tenuto nascosto per tutti quei mesi senza che lei sospettasse niente. E ora che fa? Una domanda lecita, dato che l’aborto è fuori discussione ma lei, di essere madre, non ne vuole sapere. Seguiremo l’imprevedibile narrazione attraverso i personaggi (costruiti benissimo) intorno a lei, e nei dialoghi che scambierà proprio con suo figlio, rappresentato come un feto ninja illustrato.
4. Forse uno dei motivi del mio coinvolgimento per il genere di film di cui sopra è il loro realismo. La vita non è idealizzata: è un casino, e come tale è raccontata. Trovo confortante questo tipo di rappresentazione. Ho messo a fuoco il pensiero quando ho letto questo articolo che esplicita la tendenza a romanticizzare la nostra esistenza - e i suoi effetti collaterali. Per contro, quant’è liberatorio constatare che la maggior parte del nostro tempo è imperfetto? Che i piatti che mangiamo non devono essere a prova di fotocamera, che non siamo al centro e responsabili di tutto, che a volte possiamo compiere errori madornali? Forse possiamo concederci un nuovo lusso, quello di essere normali e, a volte, non avere niente da dire.
5. Abbiamo guardato Strange Way of Life, cortometraggio di Almodòvar con Pedro Pascal e Ethan Hawke nei panni di due ex sicari ed amanti che si rincontrano dopo 25 anni. Tutto è bellissimo (il corto è coprodotto con Yves Saint Laurent), ogni scena è un quadro e il dilemma morale è appassionante. Unica pecca per me è la durata: 30 minuti lasciano con un desiderio non corrisposto di saperne di più.
6. Questo artista realizza delle simpatiche installazioni di palloncini.
7. Nel format Autocomplete Interview di Wired, le celebrities rispondono alle domande più frequenti che le persone hanno googlato sul loro conto. Io ho guardato il video con Casey Neistat che, per quanto segua da anni, mi sembra abbia sempre qualcosa d’interessante da dire.
Sleep, the wind and cobblestones. Those are my enemies in life. I respect them, I fear them, but what a pain in the ass.
Il sonno, il vento e i ciottoli. Questi sono i miei nemici nella vita. Li rispetto, li temo, ma che “seccatura”.
Questo forse non era interessante ma mi ha fatto ridere.
8. Tornando agli amici, il mio primo insostituibile art director Alessandro ha creato questa serie di piattini (al momento digitali) con protagonista la sua Euphoria, meravigliosa Bobtail che sì, è il cane della Sirenetta e sì, quando la abbracci sembra di stringere un enorme orso di peluche. Qualcuno che sappia fare ceramica glieli produce così poi lui li illustra a mano? Mi sembrano troppo belli per lasciarli solo virtuali.
Qui la modella IRL al tramonto, dagli archivi della vacanza in Sardegna:
9. Vincenzo Marino ha intervistato Jonathan Zenti sul presente e il futuro del podcast italiano. Oltre all’excursus interessante e svariati spunti di ascolti indie, mi ha colpita la definizione che Zenti fa del suo lavoro:
Non sono il supermercato ma il panificio di quartiere, dove da anni va sempre la stessa gente a comprare sempre lo stesso pane.
Ecco le parole in cui un giorno vorrei riconoscermi anch’io. Ecco la mia ambizione: diventare il vostro panificio di quartiere.
10. Come scrive Jillian Hess di
, questa è la stagione ideale per accendere il forno. Non avrei potuto trovare più confortante quindi ricevere con la sua ultima newsletter la storia e gli appunti di Julia Child - di cui avevo scritto per via del film Julie & Julia, commedia secondo me perfetta per una serata tranquilla di novembre. Credo di sentire il profumo di zucca e porcini.Prima di salutarci, vi lascio alle Note a piè di pagina a cura di Federico Anelli.
Jackson C. Frank - Blues run the game (1965)
Se esistesse una costellazione della Sfiga, è sotto quelle stelle che il 2 marzo del ‘43 sarebbe nato Jackson C. Frank. Un nome che in molti non avrete mai sentito nominare, ma le cui canzoni sono state reinterpretate da gente tipo Nick Drake, Simon & Garfunkel, Marianne Faithfull. Su tutte, questa Blues run the game, ispirata dal suo viaggio in Inghilterra pagato con i soldi dell’assicurazione incassati dopo che la caldaia della sua scuola elementare di Cheektowaga esplose, lasciandogli metà corpo ustionato. E siamo solo all’inizio. Il resto della sua vita contiene: disturbi psichici, un figlio morto, un matrimonio fallito, un proiettile sparato dal fucile ad aria compressa di un bambino che lo renderà cieco da un occhio, una morte per infarto in totale povertà. Quasi che Dio abbia voluto riprendersi con gli interessi tutto il talento che gli aveva donato. Per fortuna a noi resta un disco (prodotto da un giovane Paul Simon) che è uno dei tesori nascosti della folk music tutta e un altro beautiful looser di cui innamorarci perdutamente.
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Veronica