DISTRAZIONI #73
Gli Oscar, Shōgun, Dune, Ungerer, Totale, La signora Dalloway e poi l'intensità di queste settimane non so se la reggo.
Ciao! Come state? Da queste parti le settimane si fanno sempre più intense e le ore sembrano passare più velocemente del solito. Ma ci sono cose belle all’orizzonte e provo a rimanere concentrata su quelle. Via!
1. Potrei essermi commossa più del dovuto qui, qui e qui.
2. Abbiamo visto le prime 3 puntate di Shōgun e, contro ogni aspettativa, mi ha già appassionata moltissimo. L’estetica incredibile mi ha distratto più volte dalla trama - qui uno scusa pubblico ad Andrea per le mie pause-riassunto a suon di “non sono sicura di aver capito” - ma posso provare a fare un riassunto. Siamo nel Giappone feudale del XVII secolo, in un periodo di crisi governativa. Il marinaio inglese protestante John Blackthorne, dopo un naufragio, finisce prigioniero con la sua ciurma in queste terre la cui unica presenza straniera è rappresentata da cattolici portoghesi. Blackthorne diventa ben presto una pedina di Toranaga, signore feudale che vede nell’inglese una fonte preziosa di informazioni su cultura e strategie occidentali. Le vicende si sviluppano contrasto dopo contrasto: le culture apparentemente inconciliabili (siamo in un’epoca in cui la morte valorosa in Giappone è più importante della vita), la comunicazione per mezzo di un interprete, una bellezza assoluta che convive con le peggiori atrocità umane. Ogni martedì esce una nuova puntata per cui stasera sapete cosa fare.
3. A proposito di cose esteticamente perfette, nel weekend siamo andati a vedere Dune: Parte Due. Che capolavoro. Forse perché la storia per me è stata un filo più semplice da seguire, rispetto al primo film, mi sono lasciata coinvolgere fino all’ultima inquadratura e le quasi tre ore di proiezione sono filate senza esitazioni. Mentre vado a recuperarmi interviste, behind the scenes e approfondimenti sulla colonna sonora in-cre-di-bi-le, vi lascio questa puntata di Camposanto in cui Giulia Depentor, in tempi non sospetti, raccontava della monumentale Tomba Brion in provincia di Treviso dove sono state girate proprio alcune scene del film.
4. Anna mi ha prestato Ungerer, un volumone che contiene 8 libri illustrati dell’autore francese. Non finirò mai di stupirmi della capacità degli oggetti di riaprire cassetti di ricordi. Sfogliare quelle pagine mi ha riportata vividamente all’infanzia, alle ore passate su Il bosco delle meraviglie di Tony Wolf, la mania di osservare ogni singolo dettaglio. Con il banchetto di Zeralda’s Ogre (uno dei libri contenuti nella raccolta) mi è tornata in mente d’un tratto la mia passione smisurata per il cibo illustrato. Con Otto - The autobiography of a Teddy Bear ho sperimentato dopo secoli quel tipo di emozione dolce, nostalgica, intensa delle storie per bambini: contesto bellico, separazione di due migliori amici a causa del nazismo, un orsetto a fare da fil rouge (background condiviso dall’autore, che tra l’altro ha imparato il tedesco dopo l’arrivo dei nazisti in Alsazia, sua terra d’origine, e che sotto il dominio della Germania ha imparato l’inglese, diventando così uno scrittore trilingue.) Ogni storia ha qualcosa di speciale, e anche qualcosa di diverso dalla letteratura per l’infanzia contemporanea. Come se il racconto fosse basato su un linguaggio più spaventoso e ironico, invece di pauroso e divertente. A conclusione del volume c’è una sezione di dietro le quinte con un’intervista all’autore su ciascuna delle storie: una panoramica avvincente del suo lavoro. Se vi dovesse capitare per le mani uno dei suoi libri vi prego di fermarvi a leggerlo, sono sicura sarà un’esperienza emozionante.
5. Avete già ascoltato Totale? Il nuovo podcast di Jonathan Zenti - e collaboratori - si propone come “il varietà settimanale sulla fine che stiamo per fare”. Ogni sabato una nuova puntata che riassume i fatti dei sette giorni precedenti, con l’approfondimento di una notizia in particolare. Ci troverete un linguaggio fedele alla tivvù (non a caso è un varietà), con tanto di orchestra, applausi e inviati che intervistano le persone per strada. Per me è un altro grande sì.
6. Non ho amato particolarmente La signora Dalloway, ma nella stessa pagina ho trovato questi tre passaggi che per me sono valsi la lettura di tutto il libro. È stato uno di quei momenti in cui senti le parole arrivarti dritte allo stomaco, come quando ti guardi allo specchio e, sorprendentemente, ti riconosci.
Ma forse c’era un uomo che capisse che cosa significava per lei la vita? Non riusciva a immaginare né Peter né Richard che si prendessero il disturbo di fare una festa senza nessuna ragione. (…) Nella mente sua, che significava per lei, questa cosa che chiamava la vita? Oh, era davvero strano. C’era il Tal dei tali a South Kensington, o il Tal altro ancora, ad esempio, a Mayfair. Lei aveva costantemente il senso della loro esistenza, e pensava che spreco, e provava pietà, e pensava: se soltanto li si potesse mettere tutti insieme, e lo faceva. Ed era un’offerta: mettere insieme, creare. Ma per chi? (…) Dopo di ciò, era incredibile che ci fosse la morte! - che dovesse finire; che nessuno al mondo dovesse sapere quanto lei avesse amato ogni cosa; quanto, ogni momento…
7. Rimango sempre molto affascinata dai rituali. Più piccoli sono, più m’interessano. Di recente sono attratta dalla preparazione del tè matcha, di cui sto pian piano comprando gli strumenti per farlo in casa, e da quella del caffè nella cuccuma napoletana. Credo potrei facilmente entrare in meditazione col suono delle gocce di caffè che passano attraverso il filtro.
8. Grazie Beppe per il suggerimento di Archivio Pacifico. Un podcast-chiacchierata di cui ho ascoltato per il momento la puntata con Emiliano Ponzi, artista e illustratore, che - ho scoperto per caso mentre aprivo il suo profilo IG dopo una vita - è co-founder di salotto.nyc, un hub di ricerca e produzione culturale gestito da una squadra di professionisti creativi italiani con sede a New York che conoscevo per la presenza, proprio tra i fondatori, del mio ex collega Vittorio e della sua compagna Giulia. Insomma, mondo piccolissimo!
9.
non solo ha scritto un articolo pieno d’ispirazione sulle designer che hanno fatto la storia, ma mi ha fatto scoprire Gae Aulenti. Nonostante sia passata per anni sulla piazza che porta il suo nome, incredibilmente non me n’ero mai interessata. Grazie Martina.10. Infine, sto pensando che potrei darmi all’importazione di cartoleria giapponese. Il negozio ha anche un assuefacente canale TikTok per creare esigenze che non sapevamo di avere.
Per questa settimana è tutto, io vi saluto sperando che il sole duri fino a stasera.
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Veronica