Ciao! Come state? Il numero di oggi ha finito per essere pieno di parole, di storie. Non voglio dilungarmi in premesse, spero solo vi godrete la lettura. 💌
1. Siamo andati al cinema per Killers of the Flower Moon, che filmone. M’immagino Scorsese che con sorriso sornione osserva gli spettatori in attesa di iniziare la visione del suo film e commenta Ora ve la racconto io, una storia. E mi prenderò tutto il tempo che serve per farlo bene. Sarà stato per la scrittura dei dialoghi, per gli attori, la tematica (colonizzatori vs. americani nativi), la brutalità fatta passare per “dovere”, la musica, ma sono rimasta incollata allo schermo per tutti i 206 minuti dello spettacolo.
2. A proposito di storie, un estratto significativo da un articolo che rubo all’ultima newsletter di Dylarama.
Ci siamo abituati a comunicare condividendo piccole informazioni, frammenti dei nostri pensieri, a leggere elenchi puntati (quelli che leggono, che ogni giorno diminuiscono). Preferiamo guardare un video di sei secondi perché la nostra attenzione non riesce a concentrarsi su un compito che richiede più tempo. E tutto questo ci porta a non pensare. Si può maturare un'idea o contrastare un pensiero in sei secondi, in un tweet, in un post, in riunioni di mezz'ora?
Questa ricerca di una costante immediatezza sta distruggendo le storie , la nostra capacità di raccontare storie, di sviluppare pensieri complessi.Le storie hanno bisogno di tempo e non riteniamo di averne a sufficienza.
Le storie giocano con il mistero, con la dissimulazione, con la suspense. Le informazioni portano tutto in piena luce.
Soprattutto, le informazioni vivono nel momento, mentre le storie possono vivere per sempre e ci permettono una connessione profonda con gli altri.
3. Abbiamo guardato Gli spiriti dell’isola ed è stata un’esperienza intensa. Siamo in una delle isole Aran - lo specifico perché per me è uno dei paesaggi più belli al mondo - e Pádraic, come ogni giorno, si reca dal suo migliore amico Colm per andare al pub. Costui, però, non risponde alla chiamata. Seguiamo il protagonista nel suo sgomento, i tentativi di capire con le altre persone che conoscono Colm perché, secondo loro, lo sta evitando. Non voglio aggiungere altro perché il momento della rivelazione è di una semplicità devastante (se guardate il trailer già si evince, io mi sono invece “goduta” la sorpresa), fatto sta che Colm sarà chiaro: non vuole più avere niente a che fare con Pádraic, e per fargli intendere la serietà delle sue intenzioni gli promette una soluzione in grado di devastare la sua stessa carriera da violinista. Un film tragico e divertente, personaggi iconici, una prospettiva sui rapporti tra persone originale (da quanto non mi veniva in mente di poter questa parola?) ma in cui credo sia facilissimo riconoscersi, tutta la “violenta noia irlandese”, come l’ha definita in questa recensione Rivista Studio. Per me, capolavoro. (Potendo, meglio sentire la parlata irlandese, dà tutto un altro sapore).
4. Abbiamo approfittato del primo novembre per fare una gita a Bergamo. Posso dire che carina? Giornata uggiosa (come ogni volta in cui sono passata di lì), ma proprio piacevole. Mangiato polenta taragna, bevuto vino rosso e fatto shopping da Giochi Preziosi - perché sì, non posso rinnegare la bambina anni ‘90 che sono stata. Qui un recappino.
5. Sabato ero in passeggiata e ho visto dalla vetrina di una libreria Giù nella valle, di Paolo Cognetti. Non ho potuto resistere. Del libro scriverò non appena l’avrò finito, ma nel frattempo c’è questa bellissima puntata di Voce ai libri in cui l’autore racconta dell’album che più l’ha ispirato (Nebraska, di Bruce Springsteen), di alberi apparentemente simili ma con caratteri molto diversi (il larice e l’abete), della vita in montagna, della sua venerazione per Il richiamo della foresta che per tanti anni gli ha fatto desiderare di poter scrivere un racconto sui cani (lo troveremo nel libro).
Devastare l’ambiente non significa solo rovinare i boschi e la natura ma anche rovinare l’umanità che lì vive, perché l’uomo si abitua alla bruttezza e diventa cattivo, diventa cinico.
Ascolterei parlare Paolo Cognetti per anni.
6. Ahimè non sono una sportiva, ma mi piacciono sempre le storie, i documentari e le biografie. Dopo il colpo di fulmine per The Last Dance, rieccomi quindi per Beckham. Come giustamente mi han fatto notare, qui si parla un po’ meno tecnicamente di sport e un po’ più del personaggio David, ad ogni modo mi è molto piaciuta l’esplorazione degli up and down della sua carriera e vita. Non interessandomi per niente il calcio, ho trovato affascinante che potesse essere comunque così coinvolgente il racconto dove questo sport era il primo movente.
7. Per chi - giustamente - non lo sapesse, lavoro in pubblicità. E come tante persone che fanno questo mestiere, spesso mi ritrovo a pensare se si tratti di un’attività divina o diabolica. Lagioia ha provato ad argomentare in questo episodio di Fare un fuoco.
8. Riuscire ad esprimere quello che abbiamo dentro non è sempre facile, ma io trovo che questa felpa interpreti perfettamente quello che sento. (Anche l’Instagram dell’artista merita uno sguardo).
9. Siamo in dirittura d’arrivo con Pluto, anime che sto trovando straordinario. A parte la trama coinvolgente - è un giallo - è troppo interessante come viene descritta e analizzata la convivenza di uomini e robot dotati di intelligenza artificiale attraverso la lente della politica, della discriminazione razziale, dei diritti civili, e non da ultimo, delle emozioni. Non c’è niente di didascalico nella scoperta del potere e dei limiti di questa nuova società. Personalmente mi sta offrendo molto su cui riflettere.
10. A volte ci sono parole che ci raggiungono nel momento in cui abbiamo più bisogno di sentirle. Il sogno è necessario all’uomo. Alda Merini ce lo ricorda in questo breve estratto pubblicato a 14 anni dalla sua scomparsa.
Grazie per aver letto fino a qui. Ora passiamo alla musica con una nuova puntata di Note a piè di pagina a cura di Federico Anelli.
Colapesce Dimartino - La luce che sfiora di taglio la spiaggia mise tutti d’accordo (2023)
Nel mezzo di quel desolante deserto in cui brancola da almeno un decennio la nostra scena musicale, si erge all’improvviso come un monolite kubrickiano il nuovo “singolo” della premiata coppia Colapesce Dimartino. Del primo sono fan da un Roma Pop Fest di troppi anni fa, dopo il quale scrissi la primissima recensione del suo EP d’esordio (scusate, momento Gianni Minà) e lo considero uno dei migliori autori che abbiamo in Italia; il secondo non mi ha mai conquistato allo stesso modo, ma poco importa. Quello che conta è che ci troviamo di fronte a due musicisti in grado di passare dai meritati successi sanremesi a un brano come questo: 6 minuti che sono un piccolo miracolo per come riescono a tenersi in perfetto equilibrio tra il pop italiano dei ’70-’80 e certi allunaggi à la Radiohead (dai weird fishes ai “pesci che li vedi brillare”, il passo è breve). Ché ai miracoli saremmo anche disposti a crederci, se qualcuno fosse ancora in grado di farli.
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Veronica