Ciao! Come state? Da queste parti la primavera mi sta rimettendo in vita. Pranzi all’aperto, giretti, fiori ovunque, luce fino a sera. E allo stesso tempo una fatica esagerata a concentrarmi e a stare seduta di fronte a uno schermo. Facciamo che redistribuiamo il tempo e occupiamo le brutte giornate a lavorare e dormire mentre il resto lo dedichiamo alle gite e ai picnic? Mentre studio questo nuovo modello socioeconomico vi lascio alla carrellata della settimana.
1. È iniziata la terza stagione di Poi Migliora e nella prima puntata si chiacchiera di una delle mie cose preferite (che poi è l’unione di due), ossia film sulla musica (dai documentari alle sceneggiature originali passando per i docufilm e i biopic). Tra i titoli citati che ho già visto mi sento di condividere l’entusiasmo per Whiplash, Sound of metal (di cui avevo scritto nel numero 7 di Distrazioni) e I’m not there.
2. Ho guardato The Lighthouse e dopo una settimana non ho ancora smesso di pensarci. Il bianco e nero, l’unica location del faro in mezzo al nulla e la presenza di soli due protagonisti rende tutto claustrofobico, amplifica la violenza, e col passare dei minuti diventa difficile distinguere cos’è reale e cosa frutto della follia. Qui un bell’articolo di background e approfondimento (pazzesco il lavoro sulla regia e la lingua). Da guardare in lingua originale, merita anche “solo” per i monologhi incredibili di Willem Dafoe.
3. Conoscete hoppípolla? La line sul sito recita cultura indipendente per corrispondenza, si tratta in pratica di una scatola di prodotti a sorpresa (dalla cancelleria ai libri, passando per cibo, articoli di design, abbigliamento e accessori) che ogni due mesi ti viene recapitata a casa. Io ormai non ho più spazio sulle mensole ma ho adorato ogni box e l’ho trovato un modo super semplice per scoprire e sostenere progetti sempre diversi. Anche la loro newsletter è interessante.
4. Sono andata a vedere Bande à part, ultimo film della retrospettiva su Godard organizzata dal Cinema di Fondazione Prada. Non ero mai stata in sala per una pellicola anni Sessanta e l’ho trovata un’esperienza bellissima. Sia per questo film nello specifico (giovane, fresco, matto), sia perché ormai il cinema è uno dei pochi luoghi in cui riesco a concedermi di essere concentrata su una cosa sola, per cui riesco a sentirla molto più intensamente.
5. Avevo bisogno di un libro coinvolgente e facile da ascoltare. Dopo anni di reticenza (in primis nei confronti del titolo, che non mi attirava per niente) ho iniziato L’amica geniale, che mi era stato consigliato ormai da chiunque, e ora non aspetto altro che fare lunghi lavori noiosi (ecco perché non disdegno le pulizie, lavare i piatti, stirare o fare giardinaggio) per andare avanti.
6. Dopo un anno di attesa siamo riusciti a visitare la Villa del Balbianello durante le Giornate del FAI ed è stato, non saprei dirlo in altro modo, commovente. Ormai sapete quanto ami immergermi nelle vite degli altri, le loro abitazioni, gli oggetti che raccontano della loro esistenza, e qui ogni cosa parlava dell’amore di Guido Monzino per la bellezza. La biblioteca con le scale segrete e i volumi fatti rilegare in pelle, la sala della cartografia dove il proprietario studiava gli itinerari delle sue spedizioni, i salotti adibiti ad archivi di arte antichissima, la sala delle esplorazioni con i ricordi dei suoi viaggi più estremi: una casa-museo pulsante di passione, dove ogni singolo oggetto sussurra tempo, ricerca e cura. Qui un riassuntino fotografico (gli appassionati già sanno, ma i giardini sono stati utilizzati anche come set di 007 Casino Royale nonché per il primo bacio tra Anakin e Padme, episodio 2 di Star Wars).
7. Se anche a voi ora è venuta voglia di collezionare arte o trasformare la casa nella galleria delle vostre ossessioni, un mio collega mi ha fatto scoprire il sito giusto in cui perdersi.
8. A Saronno è in corso la seconda edizione del festival di poesia Giorni diVersi e questa una delle tante composizioni affisse in città. (Grazie ad Andrea per la foto).
9. Domenica era uggiosa, così abbiamo optato per invitare amici a casa e fare aperitivo e giochi in scatola. Stiamo costruendo una piccola collezione alternativa e i miei preferiti dell’ultimo periodo sono: Living Forest (tre possibili strategie per vincere spegnendo gli incendi e ripopolando la foresta di alberi e fiori di loto - divertente e con belle illustrazioni), Exploding Kittens (una sorta di Uno con i gattini), CocoRido (la versione tutta italiana di Cards Against Humanity, da giocare con chi non si offende col black humor), Beccato (gioco di carte a squadre in cui bisogna bluffare, super semplice e perfetto per non pensare), Vudù (si lanciano maledizioni), Valhalla Lemmings (scopo: perdere le battaglie per far perire i tuoi Lemmings in modo che finiscano nel nordico oltretomba).
10. Infine, per dimostrare che le uova che vende sono prodotte da galline libere di scorrazzare per i prati, Honest Eggs Co. si è inventata il FitChix, il contapassi per volatili (passi che poi vengono anche indicati sulle uova). Da persona che ha trascorso metà della vita in campagna mi sento di approvare. 🍳
Un graziegraziegrazie a chi la scorsa settimana ha già deciso di offrirmi un caffè virtuale. Per chi volesse contribuire, il vostro supporto aiuterà ad alimentare questa newsletter che, oltre al tempo e all'entusiasmo, vive per mezzo di libri, abbonamenti streaming, biglietti d'ingresso e tutte le altre cose di cui le ✨Distrazioni✨ son fatte.
Note a piè di pagina a cura di Federico Anelli.
Willy DeVille - Hey Joe (1992)
Per raccontare la vita di William Paul Borsey Jr., per tutti Willy DeVille, servirebbe la penna di uno come Cormac McCarthy o John Fante. Basta che cerchiate una sua foto per rendervi conto di come, nella sua arte, sia egli stesso l’opera. Parliamo di un fuoricasta che sembra uscito dalle pagine di Meridiano di sangue, un po’ pistolero, un po’ gipsy, un po’ pirata. Ma attenzione a non farvi ingannare dalla stravaganza sfrenata del personaggio: c’è tantissimo talento, di scrittura e interpretativo, dietro questo bizzarro musicista del Connecticut, mezzo irochese, un po’ basco e un po’ irlandese. E se è probabile che il suo nome vi suoni nuovo (gli eccessi, purtroppo, non fanno troppo bene alle carriere), di sicuro conoscerete almeno quella sua Demasiado Corazon, che è stata per anni la sigla di Zelig. La musica di Willy DeVille è un incrocio randagio e romantico di folk, blues, punk, latin-rock. E follia. Perché ce n’è tanta in questa versione salsera della classicissima Hey Joe. Un brano che vanta almeno cinquanta cover ufficiali, eppure questa resta unica e, per molti versi, inarrivabile. In DeVille we trust. Amen.
Se ti è piaciuta questa newsletter puoi inoltrarla o, se sei tu la persona a cui è stata inoltrata, iscriverti per riceverla ogni martedì nella tua cassetta di posta digitale.
Pensieri, opinioni e considerazioni sono sempre graditi. Per lasciarmi una traccia del tuo passaggio puoi rispondere a questa mail, scrivermi su Instagram, passarmi a trovare sul blog o mettere un bel like ❤️ Il mio portfolio invece è qui.
Alla prossima settimana,
Veronica