1. Il primo giorno del mese è nata Lucy sulla cultura, rivista multimediale che si occupa di cultura (appunto), arte e attualità, e con lei un nuovo barlume di speranza. Trovo molto bello il concept (Lucy è considerata l’antenata per antonomasia dell’umanità) e il format: ogni mese un tema che verrà esplorato attraverso diverse prospettive. Il team alle spalle del progetto è già notevole, non vedo davvero l’ora di vedere gli sviluppi.
2. Il due febbraio è stato il Giorno della Marmotta. Nel film eccezionale che gli ha dato il nome, Bill Murray nei panni di un meteorologo televisivo si trova bloccato in un ciclo temporale in cui i giorni si ripetono sempre uguali. Oltre a essere una grande parabola dei nostri tempi, è una metafora rilevante per chi, come ha evidenziato Austin Kleon, si occupa di lavori creativi. Provo a sintetizzare il concetto dal suo libro Keep Going: la vita creativa non è lineare, ma piuttosto un loop, o una spirale in cui torni a un nuovo punto di partenza dopo ogni progetto. Non ha importanza quanto successo tu abbia avuto, quale risultato tu abbia raggiunto, non sarai mai “arrivato”. Anche quando avrai ottenuto la grandezza, il minuscolo gruppo di persone che l’avrà notato ti chiederà: cosa c’è dopo? Avere sempre una risposta a questa domanda - o per lo meno cercarla, è ciò che ci fa andare avanti, e permette di continuare a fare ciò che facciamo.
3. Venerdì sera, vagone vuoto in direzione San Donà di Piave, in cuffia il live della colonna sonora di Ghost in the Shell. Un peccato per la bassa risoluzione del video, ma il pugno nello stomaco arriva forte e chiaro.
4. Non avevo mai letto niente di simile a L’arte di legare le persone. C’è una prosa in versi, una vaga ironia amara, l’ingresso nel ventre di Genova, un'umanità silenziosa che grida solo quando arriva nel Reparto 77, quello in cui lo psichiatra (e autore del libro) Paolo Milone ha lavorato per 40 anni. Mi ha fatto pensare all’Antologia di Spoon River, con le storie di quelli che chiamiamo matti al posto dei defunti, e alle canzoni di De André, che di quelle strade genovesi ha raccontato gli stessi margini. L’atroce è dolce in queste pagine, e rende comprensibile l’amore per un lavoro che sembra impossibile.
5. Un Miyazaki da sogno in Arrietty. Il mondo segreto sotto il pavimento. Grazie Ale per avermi fatto scoprire questo tripudio di botanica e case in miniatura. Gli interni della dimora della minuscola famiglia sono diventati il mio nuovo punto di riferimento in fatto di home decor.
6. Per una serie di fortunati eventi mi sono trovata alla presentazione di Problemi. Una guida per capire l’assurdità del presente. Jonathan Zenti, moderato da Giulia Depentor (ne ho parlato la scorsa settimana, del suo Camposanto, ignara che l’avrei vista pochi giorni dopo) ha raccontato del suo rapporto con Saonetta (e di come suo padre volesse regalargli una copia del libro, fermato da Jonathan perché no, in realtà di Saonetta non parla bene), del perché il proliferare dei podcast possa essere un male ma anche un bene (parola chiave potere contrattuale), del suo “gene boiler” che gli fa accumulare anni di rancore che riversa in 4 minuti di rabbia condensata al malcapitato interlocutore, di Limoni, progetto difficilissimo e in cui tutti litigavamo e di come nessuno, alle presentazioni dei libri, parli mai del suo aspetto estetico: di quanto sono bello. (Improvvisamente è sembrato di stare in questa puntata di Lundini). Tutto bellissimo, e poi non riesco a togliermi dalla testa l’idea che la Libreria Raggiungibile che ci ha ospitati sia sorella della libreria NOI di Milano.
7. Ho dimenticato per due mesi nella cartella “condividi” questo video di Tyler, the Creator. 🥲
8. L’immagine di apertura di Distrazioni è una delle tavole commissionate da Thomas Wright ai “migliori maestri” per rappresentare le sue teorie visionarie sull’Universo nel libro che auto-pubblicò nel 1750. Il geniale autodidatta fu il primo a ipotizzare la forma a spirale della Via Lattea nonché a suggerire l’esistenza di galassie oltre la nostra. Qui l’articolo e le meravigliose illustrazioni.
9. Per la rubrica ricette nuove della settimana mi sento di consigliare la farinata di ceci (con due migliorie: impasto lasciato a riposo 2 ore, cipolla rossa a fettine sottili distribuita sulla farinata un attimo prima d’infornarla) e due contorni un po’ sfiziosi: le verdure saltate al latte di cocco e i broccoli croccanti, che sono croccanti sul serio.
10. Per concludere, un grazie speciale perché qualche settimana fa abbiamo raggiunto e superato i 100 iscritti. In una condizione normale non sarei qui a scriverne per due motivi: non celebro nessun risultato e, nel grande schema dei numeri, questo è assai piccolo; ma il fato ha voluto che l’iscritta numero 100 fosse a mia completa insaputa MIA MADRE. Vi apparirà anche chiaro a questo punto il fatto che, pur lavorando in pubblicità, non sia incline all’autopromozione. Cosa che rende il piccolo numero in realtà grande, e che soprattutto mi fa ridere per la coincidenza. Come fanno quelli più bravi di me, ho fatto un regalo alla mia subscriber, ma old style e consegnato a mano in occasione del mio ritorno a casa. Brava mamma! E grazie a voi per la pazienza.
Vi saluto lasciandovi alle Note a piè di pagina della settimana, sempre a cura di Federico Anelli.
John Martyn - Solid Air (1973)
Quella di John Martyn potrebbe sembrare, non proprio a torto, una triste storia. Un uomo dotato di un talento straordinario, che nei primi ’70 inanella almeno tre capolavori che sono dei flop commerciali altrettanto grandi, schiavo dell’alcool (da buon scozzese), senza più una moglie dal ’79 e senza più una gamba dal 2003. Eppure, fino alle sue ultime apparizioni pubbliche (potete recuperarle sul tubo), la sua figura è sempre stata avvolta da una sorta di amara ironia, come se negli anni avesse imparato a sua volta a farsi beffe di quella stessa vita che tante volte si era presa gioco di lui. Impossibile non innamorarsi di John Martyn, di quella voce immensa che qualcuno lassù ha scelto di donare a uno scozzese barbuto, senza però concedergli il lusso del physique du role. Com’è impossibile non innamorarsi di Solid Air, il brano che apre l’omonimo album, tra le perle più lucenti di tutto il folk britannico (ma non solo). Un viaggio astrale dedicato all’amico Nick Drake, beautiful loser come lui: I know you, I love you / And I’ll be your friend / I could follow you, anywhere / Even through solid air.
Se ti è piaciuta questa newsletter puoi iscriverti per riceverla ogni martedì nella tua cassetta di posta digitale.
Pensieri, opinioni e considerazioni sono sempre graditi. Per lasciarmi una traccia del tuo passaggio puoi rispondere a questa mail, scrivermi su Instagram, passarmi a trovare sul blog o mettere un bel like ❤️
Alla prossima settimana,
Veronica