Ciao a voi e ben arrivato ultimo giorno di questo mese durato 7 anni. Come state? Contro ogni mia previsione, anche per questa settimana Distrazioni si è popolata di cose. Cose belle? Cose utili? Io ci spero sempre, fatemi sapere.
1. La prima newsletter di gennaio è iniziata con una dichiarazione d’amore per Le otto montagne, per l’ultima del mese voglio condividere un film di animazione che mi ha fatto pensare a una sua “versione estrema”: La vetta degli dei. Uno spaccato crudo e intenso di cosa possa voler dire scegliere - o essere chiamati da - la montagna, raccontato dallo sguardo di un fotoreporter ossessionato dal mistero circa la prima spedizione sull’Everest. Una storia di uomini, silenzi e domande che non hanno bisogno di nessuna risposta.
2. Ci sono poche cose che mi motivano come l’entusiasmo degli altri. Una delle ragioni per cui amo tanto Camposanto è il trasporto con cui Giulia Depentor riesce a parlare di tombe e vite passate. La puntata sul cimitero di Spoon River è stata la mia iniziazione (ero ossessionata dal libro, dall’album di De André e da quello di Morgan, tanto che ci ho fatto la tesina di quinta liceo), ma ogni storia è appassionante, anche per il contesto e il viaggio fatto per scoprirla (come per questa puntata in Florida).
3. Dopo essermi goduta Momenti di trascurabile felicità qualche mese fa, sto ascoltando Momenti di trascurabile infelicità, sempre letto dall’autore. In qualità di altra faccia della medaglia ritroviamo lo stesso format dei racconti più strutturati alternati a singole frasi, lo spirito di osservazione implacabile e la capacità di descrivere le verità di tutti in modo tanto semplice che viene da chiedersi se in fondo non saremmo in grado di farlo anche noi. Ma la realtà fa molto più ridere quand’è raccontata da Francesco Piccolo.
4. Siccome ultimamente sento la testa troppo piena procedo un po’ a rilento con la lettura dei libri sul comodino e mi distraggo invece volentieri con Spy x Family, che forse mi prende particolarmente perché la storia di spionaggio dell’agente Twilight è legata alla missione di formare una famiglia e far eccellere la “figlia” nel miglior istituto della città. Marito e moglie si sposano per convenienza tenendo nascoste le rispettive identità (lui spia, appunto, lei assassina) ed entrambi sono all’oscuro che la bimba orfana adottata da Twilight sia una telepate, che così è l’unica ad essere a conoscenza dell’intera situazione. Avvincente.
5. Abbiamo visto un bel film italiano: A Tor Bella Monaca non piove mai, storia di provincia profonda dove i fratelli protagonisti si destreggiano nella difficile arte della ricerca di idee per sopravvivere. Trama coinvolgente e spiazzante, bellissima regia (forse si nota la concitazione che a volte si ritrova nei lavori d’esordio? a me comunque è sembrata appropriata) e un cast che non so se poteva essere più giusto di così.
6. A quanto pare non sono sola nella difficoltà di capire i dialoghi dei film in tv (mi è capitato più volte anche con il titolo di cui sopra), ma le motivazioni sono più vaste e complesse di quanto potrebbe sembrare.
7. Dopo essermi esposta sui miei intenti in cucina mi sono impegnata e, tra le ricette provate questa settimana che mi sento di consigliare, ci sono: il riso thai con broccoli e tofu, il curry di verdure (buonissimo, ma per mio gusto ci metterei meno zucca e aggiungerei un altro ingrediente meno dolce), questa versione dei cavoletti di Bruxelles e lo spezzatino di seitan. Qui invece la mia playlist per stare ai fornelli.
8. Un articolo interessante su Anita Klinz, prima art director italiana, famosa per diverse delle iconiche copertine di Mondadori ma anche per la sua attitudine imprenditoriale e di responsabilità verso il business, che le ha permesso di costruire una carriera di successo mantenendo il difficile equilibrio tra arte ed esigenze di mercato.
9. Per rimanere in tema di arte e editoria, domenica sono stata al Base per The Art Chapter e ho trovato moltissima bellezza. Mi è dispiaciuto invece per la decisione di accatastare tutti gli espositori nello spazio più piccolo, che dava poco agio per conoscere gli autori e sfogliare i libri. Tra i presenti che ho amato: le zine di culomiao; l’antropolario delle schiene pelose; il magazine sali e tabacchi journal, che per la prima volta ho potuto toccare con mano (e dà un sacco di soddisfazione); i volumi prodotti con le intelligenze artificiali di numero cromatico, allenate a scrivere d’amore o epitaffi; gli album di fotografie di altana; le stampe di subseri (sua quella d’apertura di questo numero di Distrazioni).
10. Se dovessi dire perché, nonostante l’avversione, abbia riprovato per l’ennesima volta a guardare The Office, direi che l’ho fatto per i meme. A differenza dei precedenti tentativi sono riuscita a finire la prima stagione e, dato che TUTTI garantiscono che l’importante sia superare lo scoglio iniziale, immagino di avere l’obbligo morale di proseguire.
Questa settimana riapriamo le danze con le Note a piè di pagina di Federico Anelli.
Fela Kuti - Expensive Shit (1974)
Nei primi ’70 Fela Kuti vive con la sua famiglia e i suoi musicisti nella Repubblica di Kalakuta, una comunità autoproclamatasi indipendente dal regime militare che controlla il Paese. Fela di giorno scrive e di notte suona, annullando il confine tra musicista e attivista politico. La cosa ovviamente non va giù al governo, che più volte manda la polizia nella sua villa-Stato per arrestarlo. Nel ’74, Fela è appena stato rilasciato su cauzione. Quarantott’ore dopo, ecco che cinquanta poliziotti si presentano nella sua residenza per sbatterlo di nuovo al fresco. Un attimo prima che facciano irruzione, il futuro Black President riesce però a buttare nel cesso la marijuana che aveva in casa. Allora uno degli agenti tira fuori una canna (recuperata in qualche strada di Lagos) e gliela mostra: del resto, si sa, se ti mancano le prove, basta fabbricarle. Lui, furioso, gliela strappa di mano e se la mangia. A quel punto i militari lo trascinano ugualmente nel carcere di Alagbon Close, in attesa che il suo intestino rilasci la tanto agognata prova. E qui succede qualcosa di incredibile: gli altri detenuti, durante la notte, scambiano i secchi delle feci, così al mattino dopo quello di Fela non conterrà nessuna traccia di marijuana. Da qui la “merda preziosa” che dà il titolo a questa tiratissima invettiva afro-beat di tredici minuti, suonata dagli Africa ’70 al loro apogeo. Me I be Fela, I be Black Power man! ✊🏿
Per questa settimana è tutto! Statemi bene e divertitevi.
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Alla prossima settimana,
Veronica