Ciao! Come state?
Eccoci con una carrellata in ordine cronologico delle (mie) scoperte più avvincenti della settimana. La parentesi non è un certificato di primato ma un disclaimer, anche se avrete già avuto modo di constatare che spesso scopro le cose anni dopo che tutti le hanno già assimilate e osannate. Cosa posso dirvi, ho i miei tempi. Ma cominciamo!
1. Una persona vede un albo illustrato e pensa che in fondo andrà tutto bene: di solito sono libri per bambini, no? Non se ti capita per le mani Michael Rosen’s Sad Book. Non che sia vietato ai bambini, per carità, ma direi che per leggerlo dovrebbero essere perlomeno accompagnati. Quanto dolore, che meraviglia. Non ricordo l’ultima volta che mi è capitato di sentire fisicamente i brividi leggendo-guardando un libro. La speranza, a voler vedere, alla fine c’è, solo che a me è rimasto più forte il sapore dell’amaro.
(Se i disegni vi sono familiari è perché Quentin Blake ha illustrato molti dei libri di Roald Dahl).
2. Ho apprezzato moltissimo questo episodio di Poi migliora su un tema che periodicamente emerge anche nei discorsi con i miei amici: è giusto ascoltare la musica divina di artisti pessimi dal punto di vista umano?
3. Una gran bella notizia: Margaret Atwood ha iniziato a scrivere la sua newsletter! Un altro punto per Substack.
4. Ho cominciato a leggere Assassination Classroom. Un essere alieno con la faccia tonda sorridente che cambia colore a seconda del suo stato d’animo dichiara di voler distruggere la Terra, ma prima chiede al Governo giapponese di poter insegnare in una scuola media. Il polipone finisce in una classe di futuri sicari, che ogni giorno s’ingegnano per ucciderlo. Mi sono forse fatta sedurre dalle copertine? Sissignore. Ma anche il contenuto mi sta divertendo parecchio.
5. In questi giorni sto ascoltando a ripetizione And I have been. Grazie Benjamin Clementine per continuare ad essere un rifugio di poesia.
6. Abbiamo visto The Wonder su Netflix. La storia, ambientata in un villaggio irlandese nella seconda metà dell’Ottocento, è quella di una ragazzina apparentemente in grado di vivere senza mangiare. Un’infermiera inglese viene convocata per guardare la bambina, ormai a digiuno da quattro mesi e sostentata a suo dire - col sostegno di tutto il paese, da Manna dal cielo. Tolto un inizio e una conclusione che mi sono sembrati un po’ pretestuosi (ma facile che non abbia colto io), al resto del film continuo a pensare per il ritmo della narrazione, lenta e ipnotica, all’interpretazione dei personaggi (la giovanissima Ann è pazzesca), al contesto silenzioso ma potentissimo, alla risoluzione dei fatti. Bello, ma anche super interessante.
7. Venerdì sera sono stata da NOI Libreria (Milano) per la presentazione di una graphic novel. Di questa non posso ancora scrivere perché non ho iniziato a leggerla, quello che però posso fare è condividere la gioia che mi hanno dato gli “Sconosciuti familiari” di Andrea Q appesi alle pareti. Come predice il titolo, è impossibile non riconoscersi in quelle espressioni stilizzate che raccontano tutto. L’esposizione (che è al primo piano) dura fino al 24 dicembre, se passate da quelle parti vale la pena fermarsi.
8. Siamo andati al cinema a vedere The Menu e la prima parola che mi viene in mente è emozionante. Era da un po’ che non mi capitava di provare emozioni disparate e strane guardando un film, e questo mi ha fatto piacere a prescindere. Poi. L’idea che mi sono fatta è quella di una critica didascalica sul mondo della cucina stellata tutta concetto e niente cibo, ma per quanto didascalica, la modalità di racconto è talmente esagerata e appagante esteticamente che si distacca dalla denuncia sociale e diventa intrattenimento. L’orrore di fondo ha reso estranianti i momenti di risata, un’ilarità che posso condividere perché scoppiata in sala - fossi stata a casa da sola mi sarebbero sorte delle domande sul mio senso dell’umorismo. Finale un po’ sottotono per il mio punto di vista, ma tanto l’importante accade prima degli ultimi frame.
9. I miei colleghi conoscono già questo punto perché era parte di una newsletter interna (perdonatemi). Per chi invece non l’ha ancora vista: godetevi la campagna pensata per l’ultima puntata di The Walking Dead. Gli spot, tutti di brand diversi, hanno per protagonisti alcuni dei personaggi morti durante la serie che qui compaiono in versione zombie. (Sottolineo il punto scritto nel tweet: sono commercial andati in onda una sola volta negli spazi pubblicitari della puntata, appunto). 💣
10. Ieri sera ho avuto il piacere e la fortuna di poter ascoltare live in agenzia Maria Cafagna, autrice di cui so ancora troppo poco, che ci ha parlato della “vittima perfetta” in occasione dello scorso 25 novembre, giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. Per cominciare mi sono iscritta alla newsletter che scrive per Wired - Roba da femmine, e spero vogliate farlo anche voi.
Grazie di essere arrivate e arrivati fino a qui. 🫶
Note a piè di pagina, a cura di Federico Anelli.
Love - Alone Again Or (1967)
Io non so cosa ci fosse nell’aria nel ’67. O meglio, posso intuirlo, ma non era solo quello. È come se tutto il Rinascimento si fosse compiuto in dodici mesi. E in un anno così, può capitare che, sotto il peso di monumenti tipo il Sgt. Pepper beatlesiano o la Banana dei Velvet Underground (per citarne due a caso), rimangano schiacciati altri capolavori. È il caso di Forever Changes dei Love. Love, come l’unico sentimento che si può nutrire nei confronti di questa band tanto immensa, quanto spesso dimenticata. Stessa sorte toccata al suo lider maximo, quell’Arthur Lee che è la definizione stessa di genio e sregolatezza. Uno che ha sempre faticato ad andare in tour, per paura di allontanarsi dal suo pusher di fiducia a Los Angels. E anche da questi dettagli può dipendere il destino di una band. Alone Again Or è la gemma che apre questo disco, il lampo da cui - spero per molti di voi - potrà nascere una nuova storia d’amore. Di quelle con la L maiuscola.
Per questa settimana è tutto, alla prossima!
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Alla prossima settimana,
Veronica